Una versione di rete locale Ethernet funzionante su doppino di tipo telefonico
approvata come standard nel 1990. Il nome significa che funziona 10 Mbit
per secondo con una trasmissione di tipo baseband (trasmissione a impulsi
) su doppino ritorto (twised pair) non schermato. La topologia fisica
ha la forma di una stella: tutti i computer si collegano a un concentratore
(hub) con tratte di filo individuali, perciò se una tratta s'interrompe
l'unica a soffrirne è la macchina interessata, anziché tutto il segmento
come invece accade con l'Ethernet su cavo coassiale. La topologia elettrica
è tuttavia quella tipica delle reti Ethernet: un bus (percorso continuo
e comune) che corre da una macchina alla successiva con una terminazione
elettrica a entrambi gli estremi. È il concentratore che collega i singoli
spezzoni di filo in entrata e in uscita in modo che siano uno la continuazione
elettrica dell'altro. La lunghezza massima della tratta di doppino che
unisce la singola stazione all'hub è di 100 metri. È possibile collegare
in cascata fino a 4 hub per un totale di 500 metri di diametro massimo
(la distanza tra le due stazioni agli estremi). Ethernet 10Base-T costo
medio-basso, breve distanza, bassa vulnerabilità, massima fioritura di
sviluppo Tutta l'attività in corso nel mondo Ethernet si è focalizzata
in questi ultimi anni sul sistema di cablaggio che impiega il doppino.
Agli inizi nessuno credeva che avrebbe funzionato davvero e che sarebbe
stato possibile trasferire 10 Mbit per secondo su un filo dello stesso
tipo di quelli usati per il telefono, su lunghezze sufficienti da creare
una rete locale. Furono due inventori, sempre del PARC di Xerox, a tentare
la sorte e come ci ha raccontato direttamente uno di loro, Ron Schmidt,
la natura fu benigna e si scoprì che in effetti era possibile trasmettere
fino a 100 metri con senza eccessiva attenuazione di segnale (diminuzione
della sua intensità lungo la distanza che tende a renderlo irriconoscibile
all'altro estermo). Bastava avere un buon ripetitore al termine di quei
100 metri per ripristinare la codifica di Manchester nella stessa forma
in uci era partita dalla scheda della stazione di lavoro e spedirla, sempre
via doppino, a tutte le altre stazioni. Anche il disturbo incrociato tra
i due fili era modesto, grazie anche all'effetto di reciproco annullamento
provocato dal fatto che i due fili si attorcigliavano uno sull'altro (ritorti).
In buona sostanza, l'oggetto poteva funzionare benissimo. E, visto che
Xerox, anche questa volta non si dimostrava particolarmentre entusiasta
nel trasformarlo in un prodotto commerciale, Schmidt lasciò Xerox per
partecipare alla fondazion di Synoptics (oggi Bay Networks) diventato
un riferimento mondiale nella produzione di hub, cioè di quei concentratori
e ripetitori che costituiscono l'elemento centrale in questo genere di
reti. L'impianto elettrico di una rete 10Base-T è identico a quello di
qualsiasi altra rete Ethernet su rame: esiste un solo percorso comune
a tutte le stazioni di lavoro e tutto quello che viene trasmesso da una
di queste viene automaticamente ascoltato da tutte le altre. La topologia
elettrica è a bus mentre la topologia fisica è a stella. Questo significa
che nel deporre i cavi all'interno dell'edificio si segue un impianto
stellare: tutte le connessioni di un certo gruppo confluiscono in un singolo
punto dove vengono collegate a un concentratore (hub). Il concentratore
funziona da ripetitore, tuttavia fa in modo che un raggio di questa stella
sia elettricamente il prolungamento dell'altro e quindi operi come se
fosse un troncone di coassiale ininterrotto. Il vantaggio di portare tutte
le connessioni verso un singolo punto, oltre all'economicità del doppino,
comporta due vantaggi importanti: è possibile allestire in anticipo diverse
prese in punti uniformemente distribuiti nel locale, senza doverle attivare
tutte immediatamente (basta non collegare al concentratore quei rami che
sono temporaneamente inattivi); inoltre qualsiasi ramo difettoso viene
automaticamente escluso senza influire sul funzionamento del resto della
rete. Perciò eventuali interruzioni di cavo o guasti della scheda vengono
risolti automaticamnete dal concentratore che isola la macchina interessata
e segnala con una luce gialla che esiste un problema su quella presa.
Per inserire una macchina in rete è sufficiente disporre di una porta
libera nel concentratore e tirare un cavo che unisca quest'ultimo alla
workstation. Il cavo in questo caso è un doppino ritorto non schermato
(UTP - Unshielded Twisted Pair) dello stesso tipo usato negli impianti
telefonici americani. Per le reti 10Base-T basta che il doppino abbia
due coppie: una per trasmettere e una per ricevere. Di solito, però, il
cablaggio viene realizzato con un doppino a otto fili (quattro coppie)
co sì da poterlo usare per qualsiasi genere di applicazione: collegamento
di linea seriale per un terminale (servono otto fili), presa per rete
Ethernet (bastano 4 fili), presa per rete Token Ring (bastano 4 fili ma
sono diversi dai 4 usati per Ethernet) e via di questo passo. Ne esistono
di due tipi. Il doppino di categoria 3 è il più economico e consente di
trasportare fino a 25 Mbps. Va benissimo per una rete 10 Base-T ed è stato
utlizzato ampiamente, soprattutto nei primi anni Novanta. Il doppino di
categoria 5 regge velocità fino a 100 Mbps (Fast Ethernet e altre reti
di pari velocità) e costa ormai quasi quanto il cavo di categoria 3, perciò
viene usato in tutti i nuovi cablaggi realizzati di questi tempi. Naturalmente
l'intero percorso che va dalla scheda di rete all'hub deve essere di categoria
5 e questo include anche le prese a muro e qualsiasi pannello intermedio
di cablaggio. Qualunque sia la categoria di doppino utilizzata e il numero
di coppie, l'utente si troverà sempre con un filo di varia lunghezza ai
cui due estremi è montato uno spinotto in plastica che assomiglia alle
minuscole spine a incastro usate per i telefoni, pur essendo largo il
doppio visto che ci devono stare fino a otto fili. Uno dei due spinotti
va inserito a mano libera direttamente nella scheda di rete (c'è la presa
sul retro) l'altro finisce direttamente nell'hub, qualora questo sia a
portata di mano (come nelle reti di piccole dimensioni) oppure va inserito
in una presa a muro già preparata da un elettricista, che si collega direttamente
all'hub per mezzo di una prolunga (nascosta nel muro o nella controsoffittatura)
fatta di doppino sempre dello stesso tipo. L'unico vincolo è che il tratto
di cavo non superi i 100 metri. L'unica deroga a questa regola vale per
l'impiego del doppino ritorto schermato (STP), molto più protetto dai
disturbi rispetto all'UTP e utilizzato comunemente nelle reti aziendali
costruite secondo le specifiche di cablaggio di IBM. Usando l'STP su una
rete 10Base-T si arriva a una tratta massima di 500 metri. Il segnale
parte dalla stazione di lavoro e viaggia sul doppino non schermato perdendo
intensità ogni metro che passa. Arriva all'hub che, grazie alle funzioni
interne di ripetitore, lo riamplifica e lo ritrasmette a tutte le altre
stazioni di lavoro usando segmenti di doppino dello stesso tipo. Il concentratore
deve naturalmente essere alimentato e una volta acceso è pronto ad accettare
la connessione su tutte le porte di cui dispone, senza bisogno di nessuna
configurazione. Gli hub in commercio vanno da un minimo di 4 porte (quelli
molto economici) a 8, 12, 16, 32 e 48 porte. Esistono anche hub modulari
da centinaia di porte. La taglia del concentratore da comperare dipende
dalle dimensioni della rete che si vuole allestire. È sempre bene prevedere
una certa tolleranza in eccesso così da non essere costretti a comperare
un altro hub solo perché si desidera collegare una macchina o due in più.
In ragione della presenza dell'hub, la rete 10Base-T è un po' più costosa
di una rete 10Base-2, ma la differenza si va sempre più assottigliando
e tende a scomparire su reti di grandi dimensioni dove i benefici che
il doppino offre superano di gran lunga le differenze di prezzo. Quando
il concentratore è attivo, si accende una spia verde in corrispondenza
di tutte le porte a cui sono collegate macchine attive. Se la macchina
è spenta non si accende nulla e in caso di guasto si accende invece una
spia gialla (indentificata col termine partizione che indica l'isolamento
di quel particolare tratto dal resto della rete). La scheda all'altro
lato della connessione mostrerà una spia verde accesa a indicare la connessione
e, possibilmente, un'altra spia indicherà l'attività in corso (un LED
che lampeggia a ritmo con il traffico che passa). Nel caso in cui la connessione
fosse interrotta, l'hub escluderebbe istantaneamente la porta interessata
dal resto della rete (si chiama verifica di link integrity - integrità
della connessione). Alcuni hub mostrano anche un'indicazione del traffico
generale che transita al loro interno e all'interno del dominio di collisione
di cui fanno parte. La rete 10Base-T mantiene valida, infatti, la regola
che possono esistere fino a 5 segmenti con 4 ripetitori. Qui un segmento
contiene solo 2 nodi: la stazione di lavoro e la porta dell'hub a cui
è collegato, che funge da ripetitore. Collegamento di hub in cascata e
vari tipi di concentratori Per estendere le dimensioni della rete in lunghezza
bisogna collegare in cascata diversi hub, fino a un massimo di quattro.
Il segmento che collega un hub all'altro non può contenere nient'altro,
visto che le due porte dei concentratori già occupano le due posizioni
ammesse per un singolo segmento. Tuttavia tutte le altre porte di ciscun
hub accettano nodi di qualsiasi tipo (stazioni di lavoro, server, eccetera).
Quando si collega un hub a un altro hub è necessario prendere una precauzione:
la porta di uno dei due deve essere incrociata, vale a dire la coppia
di trasmissione deve essere scambiata di posizione con quella di ricezione
di modo che il canale che da una parte trasmette entri dall'altra sul
canale di ricezione e viceversa. Quasi tutti gli hub moderni riservano
una delle proprie porte a questo fine. Viene identificata dal segno "X"
che simboleggia l'incrocio oppure dalla parola "uplink" che significa
connessione verso l'alto. In alcuni casi si tratta di una porta sdoppiata:
una versione normale e una incrociata poste una di fianco all'altra. In
altri casi la porta è una sola, ma di fianco a questa c'è un interruttore
di qualche tipo che, quando commutato, incrocia le connessioni all'interno.
L'impiego delle porte di uplink va benissimo se la rete è sparpagliata
su un'area abbastanza ampia e i concentratori sono distribuiti lungo il
piano dell'edificio, così da servire con ciascuno diversi gruppi di lavoro.
La tendenza tuttavia è quella di concentrare sempre più gran parte degli
hub in una singola posizione, così da avere un solo punto d'intervento
per qualsiasi manutenzione. Del resto, sfruttando il diametro di 200 metri
consentito dall'impiego di un singolo hub, si riesce a coprire abbastanza
bene l'area di un normale edificio. Concentrando tutte le connessioni
in un solo punto diventa necessario disporre di hub molto capienti, così
da evitare di usare uplink e di "consumare" passaggi di ripetitore, che
invece vanno probabilmente conservati per spostarsi da un piano all'altro,
nel caso in cui l'azienda sia distribuita su più piani. La prima opzione
sarebbe quella di acquistare un hub molto capiente, da 32 oppure 48 porte,
e riempirlo per intero sperando che sia sufficiente. L'esperienza dimostra
tuttavia che l'appetito vien mangiando e che, anche con un'eccedenza di
porte libere si fa presto a esaurire la dotazione. D'altro canto non c'è
scopo nell'acquistare un hub da 48 porte, se ne servono solamente 24.
La soluzione a questo genere di problema è molteplice. Nel caso di una
grande azienda, dove le connessioni per piano arivano al centinaio di
stazioni e oltre, conviene acquistare un hub su châssis. Si tratta di
una specie di telaio di forma quadrangolare all'interno del quale vengono
montate schede, ciascuna delle quali funziona da hub con 24, 32 o più
porte. In virtù del particolare bus di connessione che si trova in fondo
a questo châssis, che prende in nome di backplane, qualunque scheda venga
inserita diventa parte dello stesso hub, senza il bisogno di uplink da
una scheda e l'altra. Inoltre nello stesso châssis trovano posto altre
schede utilit alla regolazione del traffico all'interno della rete e verso
l'esterno di questa, le quali anch'esse si trovano automaticamente collegate
agli hub senza il bisogno di utilizzare porte d'interconnessione che vengono
lasciate tutte libere per i nodi utente. Gli châssis hanno tuttavia un
costo elevato e non si adattano bene a un'azienda medio piccola che vuole
comunque garantirsi una certa flessibilità di crescita. Qui è possibile
usare un hub che sia a sua volta modulare: esistono modelli di hub indipendenti
(non su châssis) che accettano, ad esempio, due o tre moduli da 32 porte
ciascuno. Si compera il concentratore nella configurazione minima e, poi,
si aggiunge un modulo o due moduli all'occorrenza. Anche in questo caso
si tratta, però, di oggetti non proprio economici. La terza soluzione
si chiama hub stackable, ossia concentratore componibile o impilabile.
Si tratta di un normalissimo hub con numero di porte fisso che può essere
acquistato in copia unica, ma che tuttavia è dotato sul proprio retro
di speciali connettori che consentono di gemellarlo con altre unità simili,
da montare una sopra l'altra (in una pila simile a un totem, da cui il
nome stackable) che svolgono anch'esse funzioni di hub oppure di altro
tipo e che si collegano a questo hub diventandone un'appendice fissa senza
consumare porte di uplink e senza richiedere ripetitori intermedi. Gli
hub stackable solo un investimento sicuro per chiunque debba configurare
una rete della dimensione indicativa di cinquanta nodi. Per chi invece
volesse risparmiare a tutti i costi, esistono minihub da 4 e 8 porte che
costano pochissimo e che possono anche essere tenuti sulla scrivania in
quanto estremamente compatti e silenziosi: hanno il trasformatore di alimentazione
esterno e non montano ventole di raffreddamento. Port switching La regola
base di Ethernet prevede che tutte le macchine ricevano copia integrale
del traffico che circola nel loro dominio di collisione (l'insieme di
hub in cascata che costituiscono una sola rete elettrica). Questo significa
che la rete finisce rapidamente per congestionarsi quando si superano
le trenta macchine con utenti trasmettono e ricevono con una certa frequenza.
Esistono diversi metodi per decongestionare la situazione, ma tutti richiedono
innanzi tutto che il dominio di collisione venga suddiviso in diversi
domini tra loro indipendenti. Questo vuol dire prendere un gruppo di hub
e separarli dagli altri. Se gli hub sono sparpagliati lungo il palazzo
la soluzione più semplice consiste nel prenderli singolarmente e nel collegarli
uno per uno alle porte di un'apparecchiatura centrale (switch alias commutatore)
che smisti il traffico tra di loro evitando il travaso di messaggi superflui.
Se l'hub è invece centralizzati, la ripartizione dei gruppi deve tenere
conto dei flussi di traffico, riunendo quelle persone in azienda che lavorano
su progetti comuni. Tutti gli hub stackable e gli hub su châssis moderni
consentono di prendere le porte una a una e raggrupparle con altre porte
dello stesso concentratore o di altri per creare domini di collisione
su misura. La selezione di porte da un hub fisico, il loro isolamento
e il loro abbinamento ad altre porte presenti su un modulo hub diverso
prende il nome di port switching (commutazione delle porte). Spesso questa
operazione può essere fatta agendo a distanza, via software, anziché operare
fisicamente sul concentratore. Affinché questo sia possibile l'hub deve
essere di tipo "gestibile", cioè deve montare al proprio inte rno la circuiteria
necessaria per eseguire operazioni di configurazione a distanza. I concentratori
moderni offrono anche alcune funzioni di sicurezza. Ad esempio riconoscono
l'indirizzo fisico della scheda che si collega a una determinata porta
e impediscono a qualsiasi altra stazione che non abbia quel numero di
usare quella connessione. Perciò se qualche intruso trovasse una presa
libera nella vostra azienda e cercasse di collegarvisi, magari con un
portatile, troverebbe la porta chiusa per il solo fatto che la sua scheda
non può avere l'esatto indirizzo della scheda autorizzata a usare quell'attacco.
Come abbiamo visto, non esiste al mondo una scheda Ethernet che abbia
l'indirizzo uguale a un'altra. Full duplex e segment switching Al crescere
delle dimensioni della rete, il traffico aumenta fino a saturare la capacità
trasmissiva con il moltiplicarsi delle collisioni. Non tutti i nodi devono
continuamente comunicare con tutti gli altri e di solito concentrano i
propri scambi con alcuni nodi in particolare, come ad esempio server,
stampanti e altre macchine che appartengono allo stesso gruppo di lavoro.
Di conseguenza non è necessario mandare costantemente a tutti ogni singolo
messaggio che passa per la rete. Il traffico viene quindi ridotto, separando
la rete in segmenti (vedi il riquadro sulla definizione di segmento) che
contengono nodi tra loro affini. Se i segmenti sono due e contengono ciascuno
metà delle macchine che prima componevano la rete, il traffico sarà probabilmente
dimezzato a condizione che la ripartizione abbia tenuto conto dei reali
flussi di traffico. La comunicazione tra un segmento e l'altro viene garantita
da una speciale apparecchiatura chiamata bridge posta a cavallo tra i
due. Il bridge incamera nella propria memoria ciascun messaggio che transita
nei due segmenti e lo fa passare dall'altra parte soltanto se l'indirizzo
di destinazione contenuto nel pacchetto indica una scheda di rete che
si trova effettivamente da quella parte. La versione moderna dei bridge
prende il nome di switch (commutatore) perché l'operazione di lettura
e passagio è ormai talmente veloce che quasi non ci si accorge della presenza
di questo intermediario. È come se ci fosse un centralino (switch) che
smista le chiamate da un punto all'altro della rete senza rallentarla
in alcun modo. Lo switch di solito ha diverse porte e questo consente
di suddividere la LAN in altrettanti segmenti tra loro interconnessi.
Questa operazione prende il nome di segment switching o anche di microsegmentazione.
L'uso dello switch risolve un problema che il bridge non poteva gestire.
La suddivisione della rete in due segmenti uniti da un bridge aveva senso
unicamente se entrambi erano autonomi e disponevano ciascuno di un proprio
server. Se il server fosse stato invece centralizzato, il bridge non era
di alcuna utilità perché avrebbe rallentato parecchio il funzionamento
della rete. Usando invece uno switch è possibile collocare il server primario,
o anche tutti i server, su una porta dedicata e ciascun nodo del la rete,
indipendentemente dalla propria posizione potrà accedervi alla massima
velocità possibile. Facciamo un esempio: gran parte degli switch in circolazione
dispongono di diverse porte a 10 Mbps e di una porta a 100 Mbps. Il rapporto
è di solito 1 a 8 o 1 a 10, così che il traffico cumulativo delle porte
a 10 Mbps (80 oppure 100 Mbps) possa essere convogliato su una sola porta
a 100 Mbps alla quale, appunto, viene collegato il server. Poiché tale
porta è riservata al server non esiste rischio di collisione e si riesce
a sfruttare davvero la massima velocità della connessione, o quasi (95-99%
se lo switch è di buona qualità); anzi si può arrivare fino a quasi 200
Mbps se lo switch e il server sono attrezzati per farlo. Vediamo in che
modo. Con l'arrivo del doppino, che separa il canale di ricezione da quello
di trasmissione, diventa possibile evolvere un sistema di trasmissione
full-duplex grazie al quale sia la ricezione sia la trasmissione avvengono
simultaneamente, anziché una alla volta (le specifiche dell'Ethernet full
duplex sono definite dallo standard IEEE 802.3x). È necessario disporre
di schede adatte allo scopo (quasi tutte le schede Fast Ethernet in commercio
ormai lo sono) e ci vuole una connessione dedicata verso una porta di
switch anch'essa full duplex. Questo genere di soluzione è particolarmente
adatta per i server che ricevono contemporaneamente numerose richieste
dalla rete e che, allo stesso tempo, devono esaudire le richieste ricevute
in precedenza. Gli altri tipi di nodi, workstation e stampanti, trasmettono
una richiesta e poi aspettano la risposta o viceversa, perciò non traggono
nessun beneficio da una connessione full duplex. Tuttavia esiste un modo
per potenziare il loro rendimento se necessario. Basta collegarli individualmente
a una porta da 10 Mbps dello switch, fruendo della massima velocità trasmissiva,
grazie all'eliminazione delle collisioni in quella particolare tratta.
Tuttavia, poiché non è pensabile assegnare una porta di switch a tutte
le stazioni di lavoro, il più delle volte queste porte saranno utilizzate
per collegare interi segmenti (intesi come domini di collisione) dove
il numero di macchine verrà scelto in modo da evitare congestioni e distribuire
al meglio la potenza trasmissiva. Un segmento con 10 macchine (microsegmento),
ad esempio, sarà abbastanza popolato da ripartire su diversi utenti il
costo della porta dello switch (da mezzo milione a più di un milione),
ma non troppo da sviluppare collisioni. In una situazione del genere si
riuscirà a toccare quasi sempre il 60% di utilizzo della rete e in alcuni
casi si arriverà anche punte del 90%, qualora chi trasmette trovasse la
rete completamente libera. L'Ethernet 10Base-T con switch 10/100 è la
soluzione ideale per chi costruisce reti oggi, anche di piccole dimensioni.
Esistono già sul mercato switch di piccole dimensioni (4 e 8 porte) con
costi alla portata anche di un'azienda medio piccola (un paio di milioni
di lire). Un'alternativa in questo senso è la creazione di segmenti Fast
Ethernet a 100 Mbps condivisi.
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